Normativa

Il giudizio di equipollenza delle qualifiche professionali: il contesto europeo

Sin dalle origini della Comunità Economica Europea il principio del riconoscimento reciproco dei titoli di studio e delle qualifiche professionali tra gli Stati membri si è imposto come strumento essenziale per la creazione del mercato unico[1]. Attraverso il mutuo riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche professionali, il legislatore europeo ha introdotto il principio della reciproca fiducia nell’equivalenza dei percorsi di studio incoraggiando una migrazione del sapere volta ad armonizzare i diversi ambiti professionali.

Tale principio risulta espressamente riconosciuto dall'art. 13 della direttiva 2013/55/UE, il quale occupandosi delle condizioni di riconoscimento dei titoli di studio, dispone che se, in uno Stato membro, l'accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l'autorità competente di tale Stato membro permette l'accesso alla professione e ne consente l'esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell'attestato di competenza o del titolo di formazione prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio.

Nell’ipotesi in cui un richiedente voglia esercitare nello Stato ospite una professione regolamentata, la quale, tuttavia, non sia regolamentata nel Paese di provenienza, deve dimostrare di essere in possesso di uno o più attestati di competenza o uno o più titoli di formazione rilasciati da un altro Stato membro che non regolamenta tale professione e deve provare di aver esercitato a tempo pieno tale professione per un anno, o per una durata complessiva equivalente a tempo parziale, in un altro Stato membro che non regolamenta detta professione[2].

Gli attestati di competenza e i titoli di formazione sono valutati positivamente dalle amministrazioni competenti se soddisfano le seguenti condizioni:

  • sono rilasciati da un'autorità competente di uno Stato membro, nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato;
  • attestano la preparazione del titolare all'esercizio della professione in questione.

In tema di attestati di competenza e titoli di formazione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sancito il principio secondo cui le amministrazioni devono prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, certificati e altri titoli nonché l’esperienza professionale pertinente dell’interessato, effettuando un confronto tra le qualifiche professionali attestate da questi ultimi e quelle richieste da detta normativa e verificando mediante un'indagine empirica che vi sia la corrispondenza richiesta[3].

Il quadro descritto dalla normativa europea è stato recepito dal legislatore italiano con il d. lgs. 206 del 2007, il quale riprendendo il contenuto della direttiva, ha ribadito il principio del mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali stabilendo che il richiedente ha diritto al riconoscimento, qualora abbia conseguito un titolo idoneo in altro Stato membro, per una professione regolamentata. A questo proposito, il Consiglio di Stato ha specificato che, in queste ipotesi, la pubblica amministrazione deve riconoscere in modo automatico i titoli di formazione previsti da tale direttiva e rilasciati in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti[4].

In ipotesi di professione non regolamentata, ai fine del riconoscimento in Italia, per il richiedente non è sufficiente il titolo conseguito all'estero, ma occorre anche lo svolgimento a tempo pieno di tale professione, per un anno negli ultimi dieci, nello stato che non la regolamenti. In linea con il contenuto della direttiva il legislatore italiano stabilisce che non è necessario l'anno di esperienza pratica se i titoli posseduti dal richiedente sanciscano una formazione e un'istruzione regolamentata[5].

Per una visione complessiva della normativa di riferimento, consulta pdfla tabella sinottica.

 

[1] Il riconoscimento reciproco dei titoli di studio è un istituto centrale per la garanzia della mobilità degli individui a fini educativi e professionali. Una diversità troppo accentuata delle discipline ostacola la piena operatività del sistema. In questo senso, si rinvia a D. FISICHELLA, Il principio del mutuo riconoscimento e la libera circolazione delle professioni nell’Unione europea, in Il diritto dell’Unione Europea, 1999, 53 e ss.

[2] Tuttavia, l'anno di esperienza professionale di cui al primo comma non può essere richiesto se i titoli di formazione posseduti dal richiedente sanciscono una formazione e un'istruzione regolamentata.

[3] Si rinvia a CGUE C-298-14. In tale sentenza si sancisce che la commissione giudicatrice di un concorso per l’assunzione di referendari presso un organo giurisdizionale di uno Stato membro, quando esamina una domanda di partecipazione a tale concorso presentata da un cittadino di tale Stato membro, non deve subordinare tale partecipazione al possesso dei diplomi richiesti dalla normativa di detto Stato membro o al riconoscimento dell’equipollenza accademica di un diploma di master rilasciato dall’università di un altro Stato membro, ma deve prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, certificati e altri titoli nonché l’esperienza professionale pertinente dell’interessato, effettuando un confronto tra le qualifiche professionali attestate da questi ultimi e quelle richieste da detta normativa.

[4] Consiglio di Stato sez. VI, 17 febbraio 2020, n.1198. Si veda, inoltre, Corte giustizia UE sez. II, 6 ottobre 2015, n. 298.

[5] Tar Lazio, sentenza n. 1232 del 29 gennaio 2020. In tale sentenza, si sancisce che l’accesso a una professione regolamentata è consentito anche ai richiedenti che, nel corso dei precedenti dieci anni, abbiano esercitato a tempo pieno tale professione per un anno, o per una durata complessiva equivalente a tempo parziale, in un altro Stato membro che non regolamenta detta professione e che abbiano uno o più attestati di competenza o uno o più titoli di formazione rilasciati da un altro Stato membro che non regolamenta tale professione.

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