Normativa

Riconoscimento formale dei titoli di studio

L’art. 2 della legge 148 del 2002 consente a chi possiede un titolo di studio conseguito all’estero, a chi abbia studiato o abbia concluso un ciclo di studi all’estero di ottenere il riconoscimento del percorso di formazione compiuto al di fuori del territorio italiano.

Il giudizio ottenuto al termine di tale procedimento amministrativo può configurarsi alternativamente quale giudizio di equivalenza o dichiarazione di equipollenza.

Il giudizio di equivalenza, disciplinato dall’art. 2 della legge 148 del 2002, consente a colui che sia titolare di un titolo di studio conseguito all’estero di ottenere una dichiarazione di corrispondenza tra tale titolo e quello italiano al fine di poter accedere al livello di istruzione superiore successivo (corsi di laurea di primo e di secondo livello o accesso ad un dottorato di ricerca). Tale giudizio consente, inoltre, a colui che abbia studiato per un certo periodo di tempo all’estero di ottenere la declaratoria di corrispondenza tra il periodo di studio svolto all’estero e quello che si sarebbe potuto svolgere in Italia. In questo secondo caso, si rinvia a programmi di partenariato transfrontaliero posti a fondamento di accordi bilaterali o multilaterali di scambio tra istituti liberamente individuati i quali favoriscono una cooperazione interuniversitaria. Costituiscono un esempio di tali progetti il programma Erasmus e quello Socrates, il progetto Marco Polo e il progetto Turandot.

Il giudizio di equivalenza non conferisce valore legale al titolo di studio straniero, limitandosi a verificare la corrispondenza tra i due titoli e a favorire il proseguimento degli studi allo stesso livello di quelli svolti nel paese di provenienza.

In ragione delle caratteristiche appena descritte, è possibile qualificare il giudizio di equivalenza quale riconoscimento a effetto sostitutivo del ciclo di studi compiuto all’estero[1].

La competenza per questo giudizio è attribuita alle Università e agli istituti di istruzione universitaria, i quali, fatti salvi gli accordi bilaterali o multilaterali, la esercitano nell'ambito della loro autonomia, in conformità ai rispettivi ordinamenti ed in ossequio ai principi generali vigenti in materia.

In particolar modo, in caso di giudizio di equivalenza a fini dell’accesso ai corsi di primo ciclo dell’istruzione superiore, le amministrazioni competenti devono accertare l’ufficialità del titolo finale di scuola secondaria del sistema estero di riferimento e la sua idoneità a consentire l’iscrizione a corsi accademici della medesima natura. Alle Università italiane è, inoltre, richiesto di verificare che il titolo sia stato ottenuto dopo un percorso complessivo di almeno 12 anni di scolarità e che vi sia stato il superamento di una prova nazionale o di un esame finale, se previsto dall’ordinamento straniero[2].

La procedura di valutazione dei titoli finali esteri di primo e di secondo ciclo per l’accesso rispettivamente ai corsi di secondo (ad esempio, la laurea magistrale) e terzo ciclo (ad esempio, il dottorato di ricerca) impone alle Università di accertare che il titolo ufficiale rispettivamente di primo o secondo ciclo del sistema estero di riferimento, sia stato rilasciato da un’istituzione ufficiale del sistema estero. Il titolo di cui si chiede l’equivalenza deve, inoltre, consentire nel sistema estero di riferimento l’ingresso a medesimi corsi di secondo o terzo ciclo e deve presentare elementi di natura e disciplinari corrispondenti a quelli del titolo italiano richiesto per l’ingresso (come la natura accademica o elementi di ricerca).

Per una visione complessiva della normativa di riferimento, consulta pdfla tabella sinottica.

 

[1] M. CONSITO, L’immigrazione intellettuale, Napoli, 2012, 102 e ss.

[2] Nel caso in cui il sistema scolastico straniero preveda, per l’iscrizione alla laurea di primo livello, percorsi di durata inferiore ai 12 anni, il candidato, prima di aver accesso ai corsi universitari in Italia, è tenuto a dimostrare di aver frequentato l'università, superando i relativi esami, per un numero di anni pari al raggiungimento del requisito minimo dei dodici anni di scolarità. Per tali esami al candidato è inibita la possibilità di chiedere la convalida.

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