L’assegno spetta:
- ai lavoratori dipendenti (e in tal caso viene pagato tramite il datore di lavoro);
- ai disoccupati titolari di NASPI;
- ai pensionati da lavoro dipendente.
La legge non richiede che il familiare sia “a carico” o sia convivente, ma prevede una rilevante differenza tra italiani e stranieri a seconda del luogo in cui i familiari risiedono:
- i cittadini italiani possono computare nel nucleo anche il familiare residente all’estero;
- i cittadini stranieri possono computare nel nucleo familiare solo i familiari (conviventi o non conviventi) residenti in Italia, salva l’esistenza di specifiche convenzioni con i paesi di origine.
La Corte di Giustizia Europea, con due sentenze del 25 novembre 2020, ha dichiarato che questo trattamento differenziato è in contrasto con la direttiva sui titolari di permesso di lungo periodo e con la direttiva sui titolari di permesso unico lavoro. Pertanto i titolari di questi due tipi di permesso possono ora ottenere, per i 5 anni antecedenti la domanda, il pagamento degli assegni in relazione ai familiari residenti in Patria o comunque all’estero.
È quindi necessario che presentino domanda di autorizzazione al computo dei familiari all’estero e domanda di pagamento degli assegni. In caso di risposta negativa dell’INPS devono proporre ricorso amministrativo e poi ricorso al giudice, rivolgendosi a patronati e associazioni.