Il diritto all’unità familiare, inteso quale diritto a mantenere, a creare o a ricostituire il proprio nucleo familiare, è un diritto fondamentale della persona previsto e tutelato dalla nostra Costituzione ed da altri testi convenzionali internazionali ed europei.
Il ricongiungimento familiare è l’istituto giuridico che permette ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale di ottenere l’ingresso e la conseguente autorizzazione al soggiorno di uno o più familiari che si trovano nel Paese di origine.
I cittadini extraeuropei regolarmente residenti in Italia in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo oppure di permesso di soggiorno di una durata non inferiore ad un anno.
Non possono presentare domanda di ricongiungimento familiare:
I familiari con cui si può fare il ricongiungimento familiare sono:
Ai fini dell’ottenimento del ricongiungimento familiare allo straniero regolarmente residente in Italia è richiesta la dimostrazione della disponibilità di:
Per quanto attiene alla disponibilità del reddito, la soglia minima richiesta è parametrata all’importo dell’assegno sociale annuo aumentato della metà per ogni familiare da ricongiungere (aggiornamento al 2024).
Assegno sociale – importo per 1 persona |
€ 6.947,33 |
n. 1 familiare da ricongiungere | € 10.420,99 |
n. 2 familiari da ricongiungere | € 13.894,66 |
n. 3 familiari da ricongiungere | € 17.368,32 |
n. 4 familiari da ricongiungere | € 20.841,99 |
n. 5 familiari da ricongiungere | € 24.315,65 |
n. 6 familiari da ricongiunge | € 27.789,32 |
Se si ricongiungono due o più figli minori di 14 anni il reddito minimo richiesto per il 2024 è pari a € 13.894,66.
Si segnala che l'importo dell'assegno sociale è modificato ogni anno. Per ogni aggiornamento visitare il sito INPS https://www.inps.it/prestazioni-servizi/assegno-sociale
Il familiare da ricongiungere dovrà, invece, presentare alle rappresentanze diplomatiche presso il Paese di origine o quello di dimora il proprio passaporto valido e la documentazione attestante i rapporti familiari.
I titolari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria non sono tenuti a dimostrare né l’idoneità abitativa dell’alloggio di cui hanno disponibilità, né il raggiungimento della soglia di reddito richiesta.
La procedura di ricongiungimento familiare prende il via con l’inoltro della domanda di rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare presentata dal cittadino straniero regolarmente residente in Italia allo Sportello Unico per l’Immigrazione presso la Prefettura competente per territorio in base alla residenza del richiedente. domanda deve essere inoltrata in via telematica ed in seguito il richiedente, su appuntamento, dovrà presentare agli uffici dello Sportello Unico la documentazione attestante i requisiti richiesti e la titolarità di un permesso di soggiorno valido.
A seguito del rilascio, il nulla osta sarà inviato con procedura telematica all’autorità diplomatica o consolare italiana competente in base al Paese di origine o di dimora del familiare da ricongiungere per il rilascio del visto di ingresso.
Giunto in Italia, il familiare ricongiunto deve presentarsi entro 8 giorni dall’ingresso allo Sportello Unico per l’Immigrazione presso la Prefettura UTG ai fini della predisposizione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari da inoltrare alla Questura territorialmente competente.
Il nulla osta al ricongiungimento familiare è rilasciato nel termine di 90 giorni ed ha una validità di 6 mesi. Il visto di ingresso è rilasciato nel termine di 30 giorni, mentre il permesso di soggiorno è rilasciato nel termine di 60 giorni.
Appare opportuno specificare che tali termini sono tutti ordinatori e non perentori, pertanto il loro mancato rispetto non comporta né una sanzione per l’Amministrazione procedente né l’automatica accettazione della domanda. Nella prassi, infatti, si riscontra una durata molto più lunga della procedura rispetto a quella prevista dalla normativa.
In caso di diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare, del rilascio del permesso di soggiorno o di visto di ingresso per motivi familiari può essere presentato ricorso avanti alla Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea istituita presso ogni Tribunale Ordinario ove ha sede la Corte d’Appello, in relazione al luogo in cui si trova l’Amministrazione che ha emesso il provvedimento impugnato.
Nei primi due casi, quindi, la competenza territoriale sarà individuata in base al luogo in cui si trova la Prefettura UTG o la Questura che ha emesso il decreto impugnato, mentre il provvedimento di diniego di visto di ingresso dovrà essere impugnato avanti al Tribunale ordinario di Roma, poiché l’Amministrazione che adotta l’atto è il Ministero degli Esteri. Non è previsto un termine di decadenza per la presentazione del ricorso ed il Giudice, oltre ad annullare il provvedimento impugnato, ha il potere di ordinare all’Amministrazione procedente di adempiere all’istanza presentata, rilasciando il visto, il nulla osta o il permesso di soggiorno inizialmente negato.
Nel concetto di coesione familiare rientrano tutti quei casi in cui il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari in favore di un cittadino straniero già presente sul territorio nazionale è necessario per tutelare il diritto all’unità familiare. Tale procedura può considerarsi alla stregua di un ricongiungimento sur place, atteso che nella quasi totalità dei casi è richiesta la dimostrazione della sussistenza dei medesimi requisiti richiesti in caso di ingresso, ma tutta la procedura si svolge in Italia.
Il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato al familiare di un cittadino straniero regolarmente residente sul territorio nazionale se:
A fronte della sussistenza dei requisiti reddituali ed abitativi è ammessa, quindi, la conversione del permesso di soggiorno già detenuto ed eventualmente anche già scaduto, anche nei casi in cui il titolo di soggiorno non fosse ulteriormente rinnovabile (es. cure mediche, turismo, assistenza minori). Tale procedura trova applicazione, ad esempio, in caso di rilascio di un permesso per cure mediche alla donna per la durata della gravidanza e per i primi sei mesi di vita del bambino: alla scadenza tale titolo di soggiorno non potrà più essere rinnovato, ma la cittadina straniera potrà chiederne la conversione in un permesso di soggiorno per motivi familiari qualora il marito sia regolarmente residente in Italia e disponga di un reddito sufficiente e di un alloggio idoneo.
Nel caso di familiare di rifugiato, la normativa prevede un trattamento estremamente favorevole poiché non è necessario il pregresso possesso di un permesso di soggiorno da convertire, né la dimostrazione dei mezzi di sussistenza e dell’idoneità alloggiativa.
I familiari del cittadino europeo hanno il diritto di accompagnarlo o raggiungerlo nel Paese membro in cui si trasferisce, al fine di tutelare la libertà di circolazione a lui attribuita e di garantire il suo diritto fondamentale all’unità familiare. La normativa applicabile è contenuta nel D.Lgs n. 30 del 6 febbraio 2007.
I familiari a cui si estende il diritto in esame sono:
Ai fini dell’ingresso è sufficiente che il familiare extraeuropeo di cittadino UE richieda il visto di ingresso in Italia presso le autorità diplomatiche italiane nel Paese di origine o di dimora dimostrando il rapporto di parentela, la residenza del familiare in Italia (attestazione dell’iscrizione anagrafica) e, ove richiesto, la vivenza a carico. Sulla base dei medesimi documenti, al cittadino extraeuropeo è rilasciata una carta di soggiorno quinquennale. Tale titolo di soggiorno può essere rilasciato anche nel caso in cui il rapporto familiare sia sorto in Italia e, comunque, dopo l’ingresso ad altro titolo sul territorio nazionale del cittadino straniero.
Ai familiari cittadini extraeuropei di cittadini italiani si applica la disciplina prevista per i familiari dei cittadini europei, solo nel caso in cui il cittadino italiano abbia, in precedenza, esercitato il proprio diritto alla libera circolazione, risiedendo in un altro Stato europeo “cd. Cittadini italiani dinamici”.
Nel caso in cui il cittadino italiano non abbia esercitato tale diritto e abbia sempre risieduto in Italia o in Paesi extraue – “cd Cittadini italiani statici” – al familiare cittadino di un Paese extraUE è rilasciato un diverso permesso di soggiorno, denominato “FamIT”, della durata di 5 anni.
In tema di coesione del cittadino extraeuropeo con il coniuge o il familiare italiano, residuano, infine, alcune disposizioni di ulteriore favore che completano il quadro normativo. In particolare, il cittadino straniero convivente con familiare entro il secondo grado (figlio, fratello, genitore, ascendente del genitore) o il coniuge avente la cittadinanza italiana non può essere espulso ed ha diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari della durata di due anni, rinnovabile.
La condizione di non espellibilità – e conseguentemente anche il rilascio del permesso di soggiorno – opera a fronte dell’accertamento della mera convivenza di fatto, indipendentemente da ogni ulteriore valutazione circa la sussistenza di un reddito sufficiente al sostentamento, la disponibilità di un alloggio idoneo o di una copertura sanitaria.
Il genitore di un minore cittadino italiano può ottenere un permesso di soggiorno in ragione della condizione di non espellibilità derivante dalla convivenza con il figlio ovvero un permesso di soggiorno per motivi familiari a fronte della dimostrazione della non decadenza dalla potestà genitoriale.
In tal caso il rilascio del titolo di soggiorno prescinde sia dalla pregressa regolarità del soggiorno del genitore sia dalla effettiva convivenza di quest’ultimo con il figlio minore.
I titolari di un permesso di soggiorno per motivi familiari possono svolgere attività lavorativa subordinata o in forma autonoma senza che sia necessario convertire il proprio permesso in altro titolo di soggiorno.
Al venire meno delle condizioni per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari – poiché ad esempio il legame familiare non sussiste più – può essere convertito in altro titolo a fronte della sussistenza dei requisiti previsti per legge (lavoro subordinato o autonomo, residenza elettiva, attesa occupazione).
Il minore straniero che è presente sul territorio nazionale con uno o entrambi i genitori – oppure con una persona che lo rappresenta legalmente, ad esempio l’affidatario o il tutore – ne segue la condizione giuridica.
Nel caso in cui il genitore o il suo rappresentante legale siano regolarmente residenti sul territorio nazionale al minore è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari sino alla maggiore età. La predetta disciplina trova applicazione in favore sia dei minori che sono entrati in Italia con il ricongiungimento familiare prima dei 14 anni sia dei figli di cittadini stranieri nati in Italia, mentre ne sono esclusi i minori stranieri che hanno fatto ingresso sul territorio nazionale ormai ultraquattordicenni. In tal caso, infatti, sarà loro rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari con durata pari a quella del titolo di soggiorno detenuto dal familiare già residente in Italia.
Al momento del raggiungimento della maggiore età, lo straniero titolare di un permesso di soggiorno per motivi familiari ha diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di esigenze sanitarie, di lavoro subordinato o autonomo. Tuttavia, una applicazione rigida della predetta normativa escluderebbe tutti quei casi, assai frequenti nella realtà odierna, in cui il giovane appena maggiorenne non abbia ancora reperito una attività lavorativa e non sia, al contempo, iscritto ad un corso di studi universitario o professionalizzante, vanificando, in questo modo, anni di integrazione sul territorio nazionale. Per tale ragioni le prassi amministrative delle singole Questure, armonizzate con la Circolare del Ministero dell’Interno del 28 marzo 2008, prot. n. 17272/7, si sono orientate verso il riconoscimento del diritto del figlio maggiorenne, ancora a carico dei genitori, a rinnovare il proprio permesso di soggiorno per motivi familiari, a fronte della sussistenza dei requisiti di reddito ed alloggiativi
Nel caso in cui uno o entrambi i soggetti che devono sposarsi siano titolari dello status di rifugiato non potendo rivolgersi alle proprie autorità diplomatiche, dovranno chiedere il rilascio al Tribunale di un atto notorio che attesti, alla presenza di due testimoni, che non vi sono impedimenti a contrarre matrimonio. Il predetto atto notorio dovrà poi essere inviato in originale presso l’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sito a Roma, in via Caroncini 19, con copia del riconoscimento dello status di rifugiato, del permesso di soggiorno in corso di validità e di un documento di identità di entrambi i nubendi. L’ACNUR provvede alla vidimazione dell’atto ed al suo rinvio al richiedente. La pratica è gratuita.
A fronte della presentazione di tale documentazione i futuri coniugi chiedono al Comune di procedere alle pubblicazioni di matrimonio, che potrà essere celebrato non prima di 8 giorni dalla effettiva pubblicazione.
Con Circolare del 12 gennaio 2022 il Ministero dell'Interno ha precisato che per i rifugiati è possibile, altresì, ricorrere ad una dichiarazione sostitutiva ai sensi del DPR 445/2000 circa l'insussistenza di ostatività a contrarre il matrimonio o unione civile.
Nel caso in cui uno o entrambi i soggetti che devono sposarsi siano titolari dello status di rifugiato non potendo rivolgersi alle proprie autorità diplomatiche, dovranno chiedere il rilascio al Tribunale di un atto notorio che attesti, alla presenza di due testimoni, che non vi sono impedimenti a contrarre matrimonio. Il predetto atto notorio dovrà poi essere inviato in originale presso l’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sito a Roma, in Via Caroncini 19, con copia del riconoscimento dello status di rifugiato, del permesso di soggiorno in corso di validità e di un documento di identità di entrambi i nubendi. L’ACNUR provvede alla vidimazione dell’atto ed al suo rinvio al richiedente. La pratica è gratuita.
A fronte della presentazione di tale documentazione i futuri coniugi chiedono al Comune di procedere alle pubblicazioni di matrimonio, che potrà essere celebrato non prima di 8 giorni dalla effettiva pubblicazione.
Qualora l’autorità consolare non rilasci il predetto nulla osta al matrimonio – ad esempio per ragione di differenze religiose tra i coniugi – il Comune rifiuterà le pubblicazioni di matrimonio. In tal caso sarà necessario chiedere al Tribunale ordinario, Volontaria Giurisdizione, l’accertamento del diritto a contrarre matrimonio. In accoglimento a tale richiesta il Giudice ordinerà le pubblicazioni di matrimonio, che potrà essere celebrato trascorsi i termini di legge.
Le unioni civili sono state introdotte con la legge 20 maggio 2016 n. 76 e si costituiscono tra due persone maggiorenni dello stesso sesso, attraverso una dichiarazione effettuata di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni.
Le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri ed entrambi hanno l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale ed alla coabitazione.
L’unione civile non puo' essere costituita nel caso in cui una delle due parti sia già sposata o unita con altra persona. In caso di scioglimento dell’unione civile, esso ha effetto immediato e non è previsto nessun periodo di separazione.Ai fini della celebrazione di una unione civile il cittadino straniero dovrà essere titolare di un passaporto o di un titolo equipollente in corso di validità e del nulla osta alla celebrazione dell’unione civile rilasciato dalle autorità diplomatiche del proprio Paese di origine.
Nel caso in cui tale nulla osta non possa essere richiesto, in ragione del mancato riconoscimento, secondo la legge dello Stato di cui lo straniero è cittadino, dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o di analogo istituto, il nulla osta è sostituito da un certificato o altro atto comunque idoneo ad attestare la libertà di stato ovvero da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Ai fini della applicazione della normativa in materia di immigrazione i rapporti sorti in seguito alla celebrazione di una unione civile tra persone dello stesso sesso hanno il medesimo valore di quelli sorti a seguito della celebrazione di un matrimonio.
Sono conviventi di fatto due persone maggiorenni unite da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale non vincolate da rapporti di parentela, matrimonio o unione civile, né tra loro né con altre persone. Non ha importanza se i due conviventi appartengano allo stesso sesso o meno.
Gli interessati a costituire una convivenza di fatto devono già risiedere nello stesso appartamento ed essere iscritti anagraficamente nello stesso nucleo familiare. Pertanto solo gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno potranno accedere a tale istituto poiché l’iscrizione anagrafica è subordinata alla regolarità del soggiorno.
Ai fini della applicazione della normativa in materia di immigrazione i rapporti sorti in seguito alla registrazione anagrafica di una convivenza di fatto hanno il medesimo valore di quelli sorti a seguito della celebrazione di un matrimonio.
Il Tribunale per i minorenni può su richiesta degli interessati autorizzare il soggiorno temporaneo di un parente del minore per gravi motivi connessi al suo sviluppo psicofisico. La norma in esame può trovare applicazione non solo in favore dei genitori, ma altresì di tutte le figuri parentali – nonni, zii, fratelli o sorelle maggiori – la cui presenza in Italia risulti assolutamente necessaria per evitare un significativo pregiudizio al minore.
La norma non esplicita quali possano essere i gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore tali da giustificare una deroga alle regole in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini stranieri sul territorio nazionale, ma si limita a fornire due parametri di riferimento, non esaustivi, quali l’età e le condizioni di salute del minore.
La loro individuazione, pertanto, è rimessa al Tribunale per i Minorenni, che potrà concederla in tutti quei casi in cui l’allontanamento del minore o di uno dei suoi genitori dal territorio nazionale rappresenti un grave pregiudizio al suo sviluppo psicofisico del minore, ad esempio in caso di gravi patologie fisiche.
Allo stesso modo anche la durata della predetta autorizzazione è decisa dal Tribunale per i Minorenni con decreto, al quale consegue il rilascio di un permesso di soggiorno per assistenza minori.
Tale permesso non è rinnovabile, se non attraverso un nuovo procedimento giudiziale, può essere convertito in un titolo di soggiorno per motivi di lavoro o per motivi familiari attraverso l’istituto della coesione familiare.