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La domanda presentata da un genitore si estende anche ai figli minori non coniugati presenti sul territorio nazionale con il genitore, al momento della presentazione della richiesta. La domanda può essere presentata dal minore anche in un momento diverso, per il tramite del genitore. Il minore non accompagnato che voglia accedere alla domanda di protezione internazionale ha diritto di ricevere ogni informazione necessaria nonché di partecipare a tutti i procedimenti giurisdizionali e amministrativi che lo riguardano, e di essere ascoltato nel merito, alla presenza di un mediatore culturale e linguistico. L’autorità che riceve la domanda dà immediata comunicazione al Tribunale per i minorenni per l’apertura della tutela e per la nomina del tutore che assiste il minore in ogni fase della procedura. La domanda può essere presentata personalmente dal minore o dal suo tutore. Il colloquio del minore si svolge innanzi ad un componente della Commissione con specifica formazione, alla presenza del genitore che esercita la responsabilità genitoriale o del tutore. In presenza di giustificati motivi, la Commissione territoriale può procedere nuovamente all’ascolto del minore anche senza la presenza del genitore o del tutore, fermo restando la presenza del personale di sostegno, tenuto conto del suo grado di maturità e di sviluppo, nell’esclusivo interesse del minore.

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L’audizione del richiedente si svolge innanzi alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione Internazionale in una lingua da lui indicata. Il richiedente ha l’obbligo di comparire personalmente e di consegnare tutti i documenti in suo possesso pertinenti alla sua domanda, incluso il passaporto. Il colloquio si svolge in seduta non pubblica, alla presenza del componente funzionario amministrativo, ove possibile dello stesso sesso del richiedente. Il colloquio può essere rinviato qualora le condizioni di salute del cittadino straniero non lo rendano possibile o l’interessato ne faccia richiesta per gravi motivi. In presenza di richiedente vulnerabile perché portatore di particolari esigenze, al colloquio può essere ammesso personale di sostegno per prestare la necessaria assistenza. La Commissione territoriale può comunque omettere l’audizione del richiedente quando ritiene di avere sufficienti motivi per accogliere la domanda in relazione agli elementi da lui forniti. In base alle norme introdotte con la L. 46 del 2017, il colloquio è videoregistrato con mezzi audiovisivi e trascritto in lingua italiana con l’ausilio di sistemi automatici di riconoscimento vocale. Il richiedente può proporre un’istanza motivata e chiedere di non avvalersi della videoregistrazione. Della trascrizione del colloquio è data lettura al richiedente in una lingua a lui comprensibile ed in ogni caso, tramite interprete. Il componente della Commissione territoriale che ha condotto il colloquio subito dopo la lettura e in cooperazione con il richiedente e l’interprete, verifica la correttezza della trascrizione, vi apporta le correzioni necessarie e rilascia copia della trascrizione al richiedente in lingua italiana.

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Le CT hanno il compito di ascoltare il richiedente in una lingua da lui indicata, esaminare la domanda in modo obiettivo ed imparziale ed adottare un provvedimento motivato in relazione alle circostanze di fatto e di diritto, sulla sua domanda di protezione. La decisione della Commissione deve essere presa con riferimento alla situazione aggiornata del Paese di origine e/o di provenienza del richiedente. La decisione può essere di accoglimento o di rigetto.

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Le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della Protezione Internazionale (CT) sono organi amministrativi con sede presso le Prefetture con il compito di accertare la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale o per motivi di protezione speciale del richiedente, sulla base del racconto della propria vicenda personale e dei motivi che lo hanno costretto a lasciare il Paese di cittadinanza o di dimora.
Le CT operano sotto il controllo della Commissione Nazionale Asilo (che ha competenza in materia di revoca e cessazione degli status di protezione internazionale già riconosciuti dalle CT, nonché di coordinamento, aggiornamento e formazione dei componenti delle Commissioni).

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La protezione per motivi umanitari era un sistema di protezione che tutelava tre distinte ed autonome posizioni in osservanza di obblighi umanitari, obblighi internazionali e obblighi costituzionali dello Stato, compreso il divieto di estradizione per reati politici. La protezione umanitaria è stata abrogata dalla Legge n. 132/2018 ma ciò ovviamente non significa che risultino stati abrogati gli obblighi costituzionali ed internazionali dello Stato avendo quest’ultimi origine nella Costituzione e nei Trattati Internazionali. Ed invero, con legge n.173/2020 è stato opportunamente reintrodotto nel TUIMM il “rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano” e si è modificata la norma sui divieti di espulsione e respingimento dal territorio italiano nel senso di riconoscere il diritto della persona a ricevere una protezione interna per motivi di protezione speciale, anche in ipotesi ulteriori rispetto a quelle già previste dalla Legge n. 132/2018. Come da principio sancito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, coloro che hanno presentato una richiesta di protezione prima dell’entrata in vigore del D.L. 113/2018 potranno oggi vedersi ancora riconosciuta la protezione umanitaria ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 comma 6 D.lgs. 286/98 attraverso l’attribuzione di un permesso di soggiorno motivato per “casi speciali” della durata biennale e convertibile.

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Qualora lo straniero o apolide, richiedente la protezione internazionale, non possieda i requisiti per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, potrà ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria se nei suoi confronti sussistono fondati motivi per ritenere che, qualora egli ritornasse nel Paese di origine (o nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, se apolide) correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno. È considerato danno grave, il rischio fondato di subire una condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte, tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante, e la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

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Lo status di rifugiato è riconosciuto allo straniero o apolide, il quale, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione del proprio Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza (apolide) e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra.

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La protezione internazionale rappresentata il sistema di norme volte a garantire, tutelare e proteggere i diritti fondamentali della persona costretta a fuggire dal Paese di cittadinanza o di di dimora abituale per il fondato timore di subire persecuzioni personali o danni gravi, che si trova in uno degli Stati in cui è in vigore la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. La protezione Internazionale include lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria.

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